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incontinenza mentale.

Soffro di incontinenza mentale, a tratti peggiorata da insofferenza nei confronti dei limiti autoimposti.

Mi trovo ultimamente a dover gestire uno strano fatto: una determinata cerchia di persone che singolarmente possono valere, ma in gruppo tendono ad annullarsi a vicenda. può esistere un tale assunto (o assurdo)? io dico sì.

Ho un gruppo di amiche, quelle che storicamente sono considerate “le amiche”, che continuano ossessivamente a farsi paladine dell’uscire comune. poi c’è l’uscire comune, che diventa una specie di tracciato piatto, perché ognuna ha troppo paura di essere giudicata dalle altre partecipanti al gioco per potersi sbilanciare. e allora io torno a casa e mi chiedo e quindi?.

perché il tempo è prezioso, preziosissimo.

e io ho la presunzione che il risultato dell’investire il tempo con chi scegli debba essere un quid, un qualcosa, un byte in più che ti vada a riempire piacevolmente l’hard disk.

Mi trovo ad essere aspramente vituperata per questo, una guastafeste che mina alla sopravvivenza del club delle Piccole Donne. Sarà che son sempre stata più un piccolo uomo, ma a me di piccolo pare ci sia soltanto l’ipocrisia che avevamo quando da bambini invitavamo anche le stronze compagne ai compleanni, perché anche se le odiavamo bisognava invitarle.

Solo che l’idea a trent’anni di fare lo stesso ragionamento che facevi a tredici, a me onestamente inquieta.

Io con i miei piccoli amichetti che amavo facevo meravigliosi Pisa Party, così ribattezzati in onore di un’orribile lampada pendente con le fattezze della Torre alta circa quanto noi, che diventata il faro attorno cui le nostre anime di piccoli naviganti si radunavano per ridere e mangiare finché non tornava mattina.

Ecco, avrei voglia di uno di quei momenti lì, in cui si sta tutti a ridere e mangiare, con la certezza che, anche se la lampada brillava di una luce fioca, c’erano i nostri occhi scintillanti a fare il resto.

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#MFW

che poi non mi si dica che non vivo la mondanità meneghina come si deve.

Venerdì, dopo una settimana di trasferta romana, dopo essermi spezzata tragicamente un dente mentre addentavo la famosa focaccia di Campo de’Fiori, dopo aver placato una duplice guerra civile, manovali di Milano contro manovali di Roma, ma ancora peggio manovali laziali contro manovali romanisti con il mio sorriso sghembo, due litri di caffè, una crostatina alla Nutella e la mia formazione del fantacalcio sottoposta al loro insindacabile giudizio, dopo aver dormito in una inquietante camera che di notte inglobava la reception, dopo tutto questo, venerdì sono rimasta a Milano per la MFW, la Milanfascionueech.

Ritornata a casa dopo sei insostenibili ore di lavoro, mi sono lavatapettinatatruccata a caso, ho finto di avere dei vestiti fashion, ho ripiegato su un paio di accessori che mostrassero chiaramente un logo, e sono salita sul motorino della mia compagna di malefatte pronte per un’avventura scintillante, sparate sui viali manco stessimo costeggiando il Central Park direzione downtown.

Primo evento: negozio algido, vestiti rigidi, ci si presenta il bivio “Scala o ascensore?” e noi sprezzanti del pericolo ci lanciamo su una ripiiiiiida scala a chiocciola (ingegnere di merda), e saliamo in un altrettanto inutile secondo piano, circondate da golfini infeltriti e cappotti severi che ci guardano, nascondendo per pudore le etichette.

Agguantiamo roba a caso in un ordine discutibile (caprese/macaron/frittata alla cipolla), per finire con un occhieggiante fiore di zucca ripieno all’inverosimile di salsa rossa. ma siete matti, dico? fortuna che l’ho azzannato con la mia solita voracità. Altrimenti sarebbe scoppiato sulla cotonatura della sosia di Joan Crawford che attendeva spazientita di scendere con l’ascensore insieme a noi, in evidente difficoltà respiratoria.

Secondo evento: party di Ferragamo. Solito brivido per il tentativo di entrare in un posto in cui non sei stato propriamente invitato, ossia, tu hai un invito, ma mica era stato mandato a te. Ed il corrispondente sospiro di sollievo quando vedi che sei finito davvero in quella lista di eletti che provocano il sorriso nell’acida signorina all’ingresso.

e lì, circondati da immagini di zebre e leoni che si rincorrono, storditi dalle luci sulle facciate dei palazzi, abbeverandoci con un Cosmopolitan molecolare (ossia: smangiucchiare cubetti gommosi al vago sentore alcolico e sentirsi molto figa, oltre che assetata), con le fanciulle all’uscita che con doppio sorriso (perché rispetto a quello teso e titubante dell’entrata, se sei arrivata fin lì è chiaro che vali) che ti salutano con una deliziosa borsettacongadget dicendoti Ciao, grazie, alla prossima!, ne usciamo altrettanto sorridenti.

Terzo evento: il party di Prada. Che non aveva niente di più dei parties in cui eravamo appena stati, se non per un piccolo dettaglio. Al mio RSVP avevano risposto Scusi, lei chi è, non la conosciamo, sarà per la prossima. una stilettata nel mio cuore di fashionista.

Pensavo di non poter reggere l’umiliazione di passare lì davanti, guardando gli altri disperati in fila, poi, vuoi gli amici sobillatori, vuoi i cubetti molecolari, vuoi troppe puntate di Sex and The City, ho messo su la migliore faccia da cu*o e mi sono presentata al ragazzo delle liste dicendo il nome. della mia capa.

SBAM! porte spalancate, paradiso perduto, Nicola Savino ed Anna dello Russo, altro gadget costosissimo. Del resto un party inutile e tutt’altro che sicuro, stipati su delle scale, millecinquecento gradi, da mangiare solo un pseudo tiramisù dietetico, ma noi c’eravamo, eravamo lì.

Uscendo, siamo stati avvicinati da un ragazzo, apparentemente perbene.

Ci chiede, con falsa indifferenza, “Mhm, carina la festa?”, e noi “mah, si, carina, un sacco di gente” (che vuoi dire, che fa schifo? non si può. che è una figata? manco. stai vaga).

Lui si alza il bavero, si avvicina, abbassa significativamente il tono della voce e ci sussurra “Che ce l’hai un biglietto?”. MA CHE E’? San Siro?? il concerto del Liga? un biglietto? comunque, se ce l’avessimo avuto gliel’avremmo venduto per pagarci la cena.

Poi cena carina e tutti a nanna.

Post Scriptum.

Non è andata proprio così. 

Non proprio.

Siamo finiti a cena dopo aver camminato per un tempo infinito in una pizzeria carina che però non faceva pizza. succede, quando sbagli locale.

Poi siamo finiti in una balera a ballare la mazurka. Perché a forza di seguire gli inviti della MFW, ci siamo spinti ad una fantomatica presentazione di locali, che in realtà era una scatola con tre occhiali sul bancone di una balera retrò, fitta di anziani che ballavano qualsiasi melodia sbalottando con gli stessi passi le loro badanti philippine.

E posso dirvelo? è stato spassosissimo.

pps. la mia capa, al mio messaggio di ammissione di colpa, mi ha risposto così:

“Ha proprio la faccia come il c**o. Brava”!

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Ferragamo party

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Ballare la mazurka tenendo un ditino in su come la principessa Sissi

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the day after.

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